Pubblichiamo il seguente articolo a firma di Vincenzo (ci scusiamo, ma non conosciamo il cognome) sul movimento di protesta in Sicilia e sotto altro relativo articolo di Davide Guastalla.
Ho partecipato per un certo periodo al movimento dei cobas dell’agricoltura di qualche anno fa. Non sono agricoltore di professione, ma lo faccio per diletto. Oggi l’agricoltura la si può fare solo per diletto, quindi pagando per esso. Soprattutto per le piccole e medie aziende agricole il reddito è scomparso, si lavora in perdita. Sappiamo perchè: crollo dei prezzi dei prodotti agricoli a causa della globalizzazione selvaggia che inonda i nostri mercati di merce che odora dello schiavismo praticato nei paesi di origine, aumento insopportabile di carburanti,
sementi e fertilizzanti; quasi nessuno aiuto da parte delle istituzioni in nome dell’ideologia del liberismo per cui lo stato non deve intervenire nell’economia. Questo disastro ha nomi e cognomi: la classe dirigente regionale, nazionale ed europea che di questa ideologia, imposta a livello mondiale dalle grandi corporazioni multinazionali è stata interprete e serva. Classe dirigente non è solo quella politica, ma anche le sue costole economico-finanziarie che sulla crisi da esse determinate si sono ulteriormente arricchite a danno di miliardi di persone, i più deboli del pianeta. Se questo è il quadro e le cose stanno così il movimento deve cacciare a calci in culo i mestatori e gli approfittatori che hanno convissuto parassitariamente con il sistema e deve pretendere che deve essere invertita la rotta della politica, rottamando quanti hanno responsabilità nel determinare la crisi.
Allora, ascari che si sono asserviti al potente di turno, tipo Scilipoti con Berlusconi, che hanno la responsabilità primaria della crisi per quanto riguarda la Sicilia, non possono avere spazio in questo movimento che in sé esprime la giusta e sacrosanta aspirazione ad avere condizioni di vita vivibile. Voglio ricordare che il signore arruolatosi alla corte di Arcore faceva discorsi di fuoco contro la legge berlusconiana che la privatizzava, per la difesa dell’acqua pubblica, ai tempi in cui si raccoglievano le firme per la legge nazionale di iniziativa popolare (rimasta poi nei cassetti del parlamento a maggioranza scilipotiana). Lo stesso non ha mosso un dito quando il suo governo spostava i fondi FAS dalle aree sottosviluppate, quindi Sud, ai bovari di Bossi in Padania.
Se il movimento non fa le dovute distinzioni e si lascia pascere dai mistificatori di professione, dai forchettoni, nella vana illusione di godere dell’appoggio dei politici “potenti” ha già fallito in partenza, come dimostra la fine dei tanti movimenti che non si sono posti l’obiettivo di un’alternativa generale dentro cui porre la specificità delle sue esigenze. In conclusione, massima comprensione e solidarietà per le ragioni della protesta che investono la possibilità della stessa esistenza quotidiana dei piccoli lavoratori autonomi; sapendo che essa può trasformarsi in avversione non appena i dirigenti e i caporioni del movimento cercheranno di, visto che siamo in Sicilia, “arruffianarisi” col potere, illudendo le migliaia di persone che in buona fede stanno facendo sacrifici immensi in questo periodo per un legittimo riscatto della loro dignità.
di Davide Guastella
La protesta dei forconi presenta una piattaforma di problematiche condivisibile. Esiste però una strana anomalia che noi abbiamo notato sin da subito. Il profondo disagio economico che migliaia di microimprese agricole, commerciali, artigianali dell’isola vivono da oltre un decennio è stato catalizzato e organizzato dai grossi gruppi che gestiscono i trasporti (non dagli autotrasportatori) e la commercializzazione (non i commercianti) dei prodotti agricoli siciliani. In quei settori dove troppo spesso si annida quella che il procuratore Grasso è arrivato anche a definire borghesia mafiosa.
Questo movimento che di spontaneo ha ben poco ha organizzato in punti strategici fermi e blocchi con la violenza (vedi i due casi di accoltellamento) e ha imposto la chiusura dei mercati agricoli più importanti. Guarda caso la risposta, per la prima volta, è stata immediata. Cosa strana e singolare in una terra dove l’immobilismo è la regola.
Poche ore prima che iniziasse il blocco una delegazione di “forconi” si era incontrata col presidente della regione, a fronte di quell’incontro in cui il presidente Lombardo diceva che le responsabilità erano dell’Europa e da lì il blocco dell’economia siciliana. Dopo due giorni di protesta la stessa delegazione si incontrerà a breve nuovamente con il presidente Lombardo per ottenere cosa? Se tutto dipendeva da Bruxelles (risposta che Lombardo ha dato ai forconi venerdì scorso) dopo solo due giorni cosa è cambiato? Perché non si poteva trovare prima l’accordo? Perché i cittadini devono subire enormi disagi? Perché gli agricoltori dovranno subire l’ennesima mazzata, buttando decine di tonnellate di prodotto? Perché questa prova di forza ha visto schierati all’unisono tutti i network siciliani? Perché attaccare la politica in modo generico per poi rivolgersi e rivalutare sempre i soliti noti cioè i responsabili di questo sfascio economico e sociale? Cosa ci fa il presidente Zamparini (presidente del Palermo calcio) che guida un movimento che incita alla rivolta fiscale? Cosa ci fanno i dirigenti di forza nuova? Cosa fanno alcuni dirigenti regionali del PDL e dell’MPA, Grande sud mascherati da forconi? Infine ci chiediamo da dove vengono i fondi per tappezzare l’intera regione con manifesti che promuovono “forza d’urto”? Questa manifestazione intercetta il disagio, soffia sul fuoco della disperazione e alimenta il malcontento popolare che cova da tempo per le vessatorie misure economico fiscali introdotte dai governi (regionali e nazionali) di centro destra ma è di stampo reazionario e propone soluzioni corporativistiche inaccettabili.
Il fatto che sia capeggiata dal centro destra è il chiaro segnale gattopardiano che punta a mantenere le garanzie dei soliti noti.