di Giorgio Nebbia
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Fin dall’800 gli uomini si cimentano nel realizzare sistemi che, in piccolo, riproducono lo straordinario meccanismo che il sole già realizza su scala planetaria: trasformare l’acqua salata del mare in acqua dolce. Vediamo in concreto quali sono le potenzialità e le tipologie di questi impianti. “Acqua, acqua dovunque e non una goccia da bere”. Il vecchio marinaio della “Ballata” del poeta inglese Coleridge aveva di fronte, dopo il naufragio, una distesa di acqua imbevibile ed era tormentato dalla sete.
Milioni di km di coste del nostro pianeta sono toccate dall’acqua salata dei mari e non hanno acqua dolce: diventa così difficile viverci, sviluppare l’agricoltura e il turismo.In generale la situazione è tanto peggiore quanto più ci si trova nella fascia centrale della Terra proprio dove è maggiore l’energia solare disponibile. Da qui l’importanza di utilizzare il calore, ottenibile dalla radiazione solare, per trasformare l’acqua di mare, per distillazione, in acqua dolce: si tratta di ripetere in uno spazio limitato quello che il Sole fa, su grandissima scala, in tutti i mari e gli oceani.
I primi distillatori solari di acqua marina furono costruiti nel 1872 in Cile. Sull’altopiano cileno si trovavano vastissimi giacimenti di salnitro, un minerale indispensabile per la fabbricazione di esplosivi e di concimi, di cui il Cile aveva il monopolio. Le miniere si trovavano in uno dei posti più aridi della Terra, a 1400 metri di altezza; l’unica acqua disponibile aveva una salinità del 14 per cento ! In un primo tempo era stato installato un distillatore a vapore, ma il combustibile proveniente dalla costa a dorso di mulo rendeva costosissima la produzione di acqua dolce con questo sistema.
Fu allora progettato e costruito, da un certo ingegner Charles Wilson, un distillatore solare della superficie di 4400 metri quadrati. Il distillatore era costituito da 64 vasche di legno, poco profonde, nelle quali veniva immessa l’acqua salmastra; sulla superficie delle vasche era posta una lastra di vetro inclinata, che chiudeva perfettamente il distillatore. L’energia del Sole, molto intensa a quelle latitudini, passava attraverso la lastra di vetro e scaldava l’acqua salmastra; questa in parte evaporava.
Il vapore acqueo incontrava la superficie interna della lastra di vetro che, essendo a contatto con l’aria esterna, era più fredda dell’acqua salmastra. In questo modo il vapore acqueo si condensava sotto forma di acqua priva di sali che veniva raccolta e conservata. Il distillatore di Las Salinas produceva 20.000 litri di acqua al giorno e restò in funzione fino al 1908 quando la ferrovia sostituì le carovane di muli, rendendo più conveniente la distillazione con carbone.
Il distillatore solare a tetto inclinato è stato “riscoperto” parecchie volte. Nel 1926 il governo francese offrì un premio per il progetto di un distillatore solare portatile. Nel 1928 il professore italiano La Parola costruì in Libia un distillatore solare simile a quello del Cile, che funzionò per alcuni anni.
Un distillatore solare di plastica è stato utilizzato per rifornire di acqua dolce i marinai americani a bordo delle zattere di salvataggio: era costituito da un involucro trasparente, gonfiabile, al cui interno era steso un supporto nero poroso che poteva essere impregnato di acqua marina.
La radiazione solare, trasmessa attraverso l’involucro, scaldava l’acqua marina mentre il distillatore galleggiava sul mare: il vapore si condensava sulle pareti interne fredde di questa specie di pallone galleggiante e il distillato si raccoglieva sul fondo. Alcuni distillatori basati sullo stesso principio sono venduti ancora adesso nei negozi di articoli sportivi.
Nell’Istituto di Merceologia dell’Università di Bari sono stati costruiti vari modelli di distillatori solari; il primo fu esposto alla Fiera del Levante nel 1953 e altri sono stati installati nelle isole Tremiti, a Pantelleria e sono stati perfezionati nei venticinque anni successivi. Una descrizione di queste ricerche si trova nel sito: http://www.fondazionemicheletti.it
Oggi i distillatori solari sono costruiti e applicati in tutto il mondo e sono efficaci sistemi di utilizzazione dell’energia solare in quanto permettono di assicurare acqua potabile a tutti i paesi e villaggi e comunità che si trovano vicino al mare o a falde o laghi o fiumi di acque salmastre, non bevibili. Non a caso moltissime ricerche e applicazioni sono state e vengono condotte in India, Cina, nell’Asia centrale, in Africa, paesi in cui l’energia solare, attraverso la distillazione delle acque salmastre, contribuisce allo sviluppo umano, alla lotta alla sete e alle malattie. Perfezionamenti e studi meritano di essere fatti nei paesi industrializzati proprio per diffonderne i risultati nei paesi aridi.
I più comuni e diffusi distillatori solari, basati sostanzialmente sullo stesso principio delle serre, sono costituiti da vasche poco profonde, col fondo annerito per aumentare l’assorbimento dell’energia solare, riempite con un sottile strato di acqua marina o salmastra. Le vasche sono coperte con una lastra trasparente, per esempio di vetro, inclinata, a semplice o doppia inclinazione, e sono isolate al di sotto per evitare le perdite di calore. L’energia solare attraversa la lastra trasparente del “tetto” raggiunge l’acqua di mare che si riscalda: una parte dell’acqua evapora e va a condensarsi sulla parete interna della lastra trasparente sovrastante, sotto forma di acqua dolce, priva di sali, che si recupera.
I distillatori solari – fra i dispositivi più interessanti per l’utilizzazione dell’energia solare – hanno il vantaggio di utilizzare una frazione rilevante della radiazione solare incidente – sia diretta sia diffusa – che viene immediatamente trasformata in acqua dolce. Essi rappresentano, cioè, dei dispositivi che non richiedono sistemi di immagazzinaggio dell’energia e “fabbricano” un bene, una “merce”, l’acqua dolce, di cui c‘è grande bisogno nelle zone aride costiere. D’altra parte la produzione di acqua dolce è maggiore d’estate e nelle zone ad alta insolazione, cioè proprio nelle condizioni in cui è maggiore il fabbisogno e la richiesta di acqua.
La produzione di acqua dolce dall’acqua salmastra è proporzionale all’intensità della radiazione solare, detratta una frazione, calcolabile in circa 4 MJ/m2.giorno, necessaria per “scaldare” il distillatore. Si può considerare questo valore come la capacità termica dell’intero dispositivo. Al di là di questo valore, ogni ulteriore apporto di calore viene usato come calore latente di evaporazione per la formazione dell’acqua distillata.
La produzione del “bene” richiesto – l’acqua dolce – è tanto maggiore quanto maggiore è l’intensità della radiazione solare: è quindi maggiore nei mesi primavera-estate-autunno, cioè quando è anche maggiore la richiesta di acqua dolce.
Calcolando una intensità della radiazione solare fra 14 e 24 MJ/m2.giorno, detratta la capacità termica del distillatore (circa 4 MJ/m2.giorno, come si è detto), tenuto conto che il calore latente di evaporazione dell’acqua è circa 2,3 MJ/litro e tenendo conto di varie perdite, si può calcolare che la produzione di acqua dolce vari fra 1,5 e 4 litri/m2.giorno e questi sono i valori effettivamente ottenuti sperimentalmente nei vari distillatori costruiti a Bari (41° di latitudine Nord).
Questa produzione corrisponde ad una diminuzione del livello dell’acqua salmastra di circa 0,3 cm al giorno. Si può calcolare, complessivamente, una produzione media di acqua distillata di circa 1.000 litri/m2.anno. I distillatori solari – come tutti i collettori di calore solare senza concentrazione – possono utilizzare sia la radiazione diretta sia quella diffusa; entro certi limiti, quindi, un distillatore solare funziona anche quando il cielo è coperto.
I distillatori solari possono essere realizzati con una grandissima flessibilità e varietà di disegni e materiali; gli elementi fondamentali del modello più diffuso in tutto il mondo, quello “a tetto trasparente inclinato”, sono i seguenti:
(a) Una vasca in cui è contenuta l’acqua salmastra da distillare, dotata di un sistema di caricamento dell’acqua salmastra per reintegrarla a mano a mano che evapora l’acqua dolce, e di un sistema di drenaggio della salamoia a mano a mano che aumenta la salinità in seguito all’evaporazione di acqua dolce. E’ bene che la concentrazione di sali nella salamoia non superi il valore di circa il 7 % (una concentrazione doppia rispetto a quella dell’acqua marina di circa 3,5 %), per evitare la precipitazione di sali.
Se lo spessore dell’acqua da distillare è 10 centimetri e se evapora acqua dolce per uno spessore di circa 0,3 centimetri al giorno, occorre svuotare e ricaricare la vasca del distillatore ogni sei-otto giorni. Meno frequentemente se lo spessore dell’acqua salina è maggiore o se la distillazione è minore. Si potrebbe anche usare un sistema di lenta ricarica continua della vasca, ma la cosa è complicata e delicata; l’acqua salina di giorno è calda e le operazioni di svuotamento possono far perdere una parte del calore sensibile dell’acqua salina ed è bene.effettuarle di notte o alla mattina presto quando l’acqua salina della salamoia è fredda.
(b) Per assorbire la massima quantità della radiazione solare incidente è necessario che il fondo della vasca contenente l’acqua salina da distillare sia di colore scuro o nero o verde, in modo da avere il massimo assorbimento della radiazione incidente.
Si può verniciare il fondo della vasca con una vernice nera, ma i solventi puzzano sempre, più o meno, e impartiscono cattivo odore all’acqua distillata. Si può utilmente costruire la vasca di evaporazione con alluminio anodizzato nero che, oltre ad essere nero, è anche resistente alla corrosione. Si può anche usare un sottile foglio di rame che si ossida rapidamente assumendo un colore bruno-scuro. Si può aggiungere all’acqua salina un colorante sintetico verde resistente alla luce; ce ne sono alcuni in commercio, impiegati nelle saline solari per aumentare l’assorbimento della radiazione solare e accelerare così la concentrazione dell’acqua marina.
(c) Il tetto trasparente del distillatore solare ha la funzione di lasciare passare la radiazione solare incidente e di non lasciare passare la radiazione infrarossa a circa 10 micrometri emessa dalla superficie dell’acqua salina, la cui temperatura in genere non supera i 70°C. Il tetto deve essere di materiale trasparente alla radiazione visibile e rossa vicina e opaco alla radiazione infrarossa: va molto bene il vetro e vanno bene anche le materie plastiche specialmente plexiglas (metacrilato di metile) e anche polistirolo in lastre.
Inoltre il tetto funziona da scambiatore di calore fra l’aria calda satura di acqua che si trova all’interno del distillatore (a temperatura variabile fra circa 70°C e circa 30°C), e l’aria esterna alla temperatura di circa 20-30°C. Quando l’aria calda satura interna viene a contatto con la superficie interna del tetto, una parte del vapore acqueo presente nell’aria si condensa sotto forma di acqua liquida.
La parte interna del tetto del distillatore deve essere quindi: (i) bagnabile dall’acqua: va meglio il vetro rispetto alle materie plastiche che non sono bagnabili e sulle quali l’acqua condensa a gocce, anziché sotto forma di rivolo; (ii) inclinata in modo da favorire la discesa dell’acqua verso una grondaia di raccolta; l’inclinazione deve essere superiore a 10 gradi rispetto alla superficie dell’acqua salina. Se la pendenza è limitata, la distanza fra la superficie dell’acqua salina calda e quella del tetto è piccola e si hanno perdite di calore per irraggiamento del calore fra la superficie dell’acqua salina calda e la superficie del tetto trasparente che svolge meno bene la sua funzione di scambiatore di calore. Se la pendenza del tetto è molto elevata, è anche elevato lo spazio in cui circola l’aria satura calda all’interno del distillatore e anche in questo caso la condensazione dell’acqua è più difficile. Va bene una pendenza fra 30 e 40 gradi.
(d) Il tetto del distillatore può anche essere usato come superficie di raccolta dell’acqua piovana, nei periodi in cui viene meno la distillazione, con una piccola aggiunta di una grondaia di raccolta esterna, alla base del tetto trasparente di vetro. Se si calcola una produzione media di acqua distillata intorno a 1.000 litri/m2.anno e si immagina di recuperare una parte delle piogge, che potrebbero arrivare, a certe latitudini, a circa 500-1000 litri/m2.anno, si vede che, con l’aggiunta di un collettore di acqua piovana, la raccolta di acqua nel corso dell’anno può aumentare molto e anche raddoppiare
(e) L’acqua condensata sulla superficie interna del tetto trasparente scorre verso la base del tetto e qui deve trovare una specie di grondaia in cui l’acqua si raccoglie e viene avviata verso l’esterno.
Se la base del tetto è orizzontale bisogna che alla grondaia sia impartita una inclinazione di almeno 1 o 2 % (uno o due centimetri ogni metro lineare della base del tetto) in modo che facilmente l’acqua dolce scorra verso un foro o tubo di uscita che mette in contatto la grondaia con l’esterno; da qui l’acqua distillata viene avviata in un serbatoio di raccolta. E’ quindi importante una continuità fisica fra la base del tetto e la vasca di raccolta. Se il tetto è costituito da una lastra di vetro o plastica montata su un telaio, per esempio metallico, saldata con un mastice, bisogna fare molta attenzione perché l’acqua che scende lungo la parete interna del tetto facilmente si infila fra tetto e telaio, per adesione e capillarità, verso l’esterno.
(f) Bisogna avere cura che l’aria calda satura di vapore acqueo, che si trova all’interno del distillatore non fuoriesca all’esterno. Bisogna avere cura che la zona fra la base del tetto, al cui interno si trova anche la grondaia di raccolta dell’acqua distillata, e la base del distillatore sia isolata con una guarnizione di plastica, o di gomma, o con uno strato di silicone, o con stucco da finestre o da acquari, o con qualche altro sistema. Se vi è una perdita verso l’esterno dell’aria calda satura interna, ci se ne accorge bene perché, vicino alla perdita, la superficie interna del tetto appare non bagnata, mentre risulta bagnata in tutte le parti isolate, nelle quali ha luogo regolarmente la condensazione, in rivoli o a gocce.
Nel progettare il distillatore e l’isolamento dell’aria interna è necessario che una parete sia mobile per poter accedere all’interno della vasca o del tetto per operazioni di manutenzione, pulizia, disincrostazione, eccetera. Fra la parete mobile e il resto del dispositivo occorre mettere una buona guarnizione.
Infine é importante l’isolamento termico della vasca contenente l’acqua salmastra scaldata dal Sole. La cosa migliore è appoggiare il fondo della vasca su un materiale isolante come paglia compressa, oppure resina espansa o sughero o simili materiali (ma anche mattoni forati). Si tenga presente che dal fondo della vasca può disperdersi verso l’esterno una apprezzabile quantità di calore con una forte diminuzione della produzione di acqua distillata.
Un distillatore solare può essere realizzato con numerosissime varianti e materiali che siano a tenuta di acqua calda salina e corrosiva, e di vapore. Per la vasca si può usare legno, plastica (molti dei distillatori solari costruiti a Bari contenevano gli elementi costitutivi prima descritti in “scatole” di plexiglas), alluminio anodizzato, rame. Non si dimentichi che una vasca che contiene uno spessore di 10 cm di acqua salina pesa oltre 100 kg per m2 di sola acqua.
E’ possibile che l’acqua distillata assorba il cattivo odore o sapore della plastica, delle guarnizioni, dello stucco, delle impurità e sporcizie che inevitabilmente si accumulano all’interno del distillatore. Inoltre il sapore dell’acqua distillata è sgradevole; per renderne più gradevole il sapore è opportuno che, all’uscita del tubo di raccolta dell’acqua distillata, venga messa un filtro a cartuccia contenente carbone attivo e pezzetti di marmo o calcare; il carbone assorbe i cattivi sapori e odori e il calcare apporta una sia pur bassa quantità di sali di calcio all’acqua. Come filtri si possono anche usare sabbia oppure terra pulita.
E’ bene che il distillatore abbia la faccia più estesa di raccolta e condensazione esposta a sud. Se il distillatore è lungo è bene che l’orientamento sia est-ovest, sempre con la faccia principale esposta a sud.
Per evitare gli inconvenienti dovuti all’isolamento delle vasche e alla grondaia di raccolta sono stati costruiti dei distillatori solari “verticali” a vasche sovrapposte, delle specie di cabine verticali con tutte le pareti di vetro; anche il tetto sovrastante inclinato è di vetro. All’interno, su un telaio di ferro che si appoggia sulla base della “cabina”, sono appoggiate varie vasche di alluminio anodizzato nelle quali è caricata l’acqua salina. Le vasche sono alimentate da un tubo di entrata che carica la prima vasca in alto; l’acqua salina viene fatta scendere per gravità da una vasca sopraelevata rispetto al distillatore.
L’acqua in eccesso passa, attraverso un troppo pieno, da ciascuna vasca a quelle sottostanti e l’acqua salina in eccesso finisce sul fondo e esce dallo stesso tubo da cui, durante la distillazione, esce anche l’acqua distillata. Per evitare la contaminazione dell’acqua distillata con i residui di acqua salina, l’operazione di ricarica e di drenaggio dell’acqua in eccesso avviene di notte e, quando comincia la distillazione, il residuo di acqua salina sul fondo della vasca è trascurabile. Si ha il vantaggio che, con un frequente ricambio di acqua salina, si può evitare la formazione di incrostazioni sul fondo delle vasche.
L’energia solare raggiunge solo una parte della superficie delle vasche; all’alba e al tramonto e nei mesi autunnali e invernali è maggiore la superficie raggiunta dalla radiazione solare; d’estate la radiazione solare riscalda soltanto una parte della vasche e quindi viene utilizzata solo parzialmente. Il distillatore si presta quindi bene per le zone a basse latitudini; se il Sole ha bassa inclinazione nel cielo, è maggiore la superficie delle vasche raggiunta dal Sole e minore quella in ombra. Il contrario quando il Sole è alto sull’orizzonte.
Che si possa pensare ad una “torre distillatrice”, con tante vasche orizzontali piene di acqua salina e con le pareti di vetro su cui scende continuamente un flusso di acqua distillata, una specie di “fontana solare” ? Vari modelli di questo tipo sono stati costruiti nell’Università di Bari negli anni 1960-70 e le prove hanno confermato che il “rendimento” (quantità di acqua distillata per unità di radiazione solare incidente) era elevato quando l’inclinazione del Sole (e l’intensità della radiazione solare) era bassa e minore quando l’intensità della radiazione solare era maggiore.
Nella sterminata letteratura sui distillatori solari, sperimentati essenzialmente per rifornire di acqua potabile i paesi poveri, sono descritte molte altre soluzioni. Per esempio è stato proposto di scavare una vasca molto grande e profonda in terra, piena di acqua salina, coperta con una lastra di vetro. Il calore solare, a mano a mano che arriva, scalda lentamente la grande massa di acqua; questa a sua volta scalda il terreno esterno fino a che si stabilisce una specie di equilibrio termico fra la vasca e il terreno. La distillazione, una volta cominciata, dura continuamente tutto il giorno e la notte.
Innumerevoli altre alternative e proposte di distillatori solari sono ben descritte nel libro di M.A.S. Malik e altri, “Solar distillation: a practical, study of a wide range of stills and their optimum design, construction and performance”, Oxford, New York, Pergamon Press, 1982.
Devo concludere con un commento. Vengono presentati come “distillatori solari” vari dispositivi molto differenti da quelli sopra esposti. Le due principali linee alternative sono:
(a) Utilizzare l’energia solare per trasformarla in energia elettrica con celle fotovoltaiche solari; con l’energia elettrica si può far funzionare un impianto di dissalazione a osmosi inversa. A questo punto non siamo in presenza di distillatori solari, ma di generatori di elettricità. Senza contare che, per avere un buon funzionamento degli impianti a osmosi inversa, occorre disporre di un flusso regolare di elettricità per cui l’elettricità delle fotocelle deve essere raccolta in accumulatori, eccetera.
(b) Raccogliere l’energia solare con un collettore piano senza concentrazione, o con un collettore a concentrazione, in modo da scaldare l’acqua salina a circa 70-110 gradi. L’acqua salina calda viene poi inviata in un normale distillatore a termocompressione o a multipli effetti. Un distillatore termico ha però bisogno di un flusso di calore regolare (e ha anche bisogno di elettricità) e un collettore solare può dare soltanto un flusso di calore discontinuo, a meno di avere una vasca di raccolta e conservazione dell’acqua salina calda, tutt’altro che semplice da realizzare praticamente. E’ vero che aumenta la quantità di acqua distillata per unità di calore in entrata, ma questo vantaggio è neutralizzato dalla omplicazione del dispositivo che, fra l’altro, richiede grandissime superfici di collettori solari.
Ricordando il principio che, a parità di effetto voluto, è meglio una cosa semplice di una cosa complicata, i distillatori solari a semplice effetto che ho sopra descritto hanno il grande vantaggio di semplicità costruttiva e di funzionamento, di adattarsi al flusso anche discontinuo dell’energia solare. Essi sono adatti, come si è detto, soprattutto per i paesi aridi dove non esistono particolari conoscenze e attrezzatura tecniche, dove è più difficile procedere a operazioni di manutenzione e dove, con l’ingegnosità che esiste dovunque, capito il principio, è possibile ottenere acqua dolce dalle acqua salmastre o impure anche utilizzando materiali da costruzione locali, grazie al Sole.
Giorgio Nebbia: nebbia@quipo.it